Quel maledetto giorno di Carnevale: Sedicesima indagine del commissario Martini by Gianna Baltaro

Quel maledetto giorno di Carnevale: Sedicesima indagine del commissario Martini by Gianna Baltaro

autore:Gianna Baltaro
La lingua: ita
Format: epub, azw3
ISBN: 88-88838-57-0
editore: Edizioni Angolo Manzoni
pubblicato: 2004-12-31T16:00:00+00:00


Frattanto, trovandosi in zona, decise di andare a far visita a Piera Righini, la giovane modella che, la sera precedente, era stata licenziata in tronco dal cognato della titolare del Cigno.

La modella abitava in un vecchio stabile di via Po, appena oltre piazza Vittorio. Il palazzo era privo di portineria e al commissario non rimase che affrontare le scale per cercare, ad ogni pianerottolo, la targhetta con il cognome. Lo trovò al terzo piano, raggiunto dopo la scalata di sei rampe di ripidi gradini. Il nome, Righini, era scritto a mano su un cartoncino. La porta era in legno leggero e, attraverso i battenti, filtrava la voce di Alberto Rabagliati che, alla radio, cantava «Sposi I Oggi si avvera il sogno I e siamo sposi». Una delle tante canzoni che alimentavano i sogni matrimoniali delle fanciulle. In prospettiva c'erano i figli, a vantaggio della campagna demografica.

Suonò e, di lì a poco, la porta gli venne aperta. Sulla soglia apparve una donna sulla quarantina la quale, sulla traccia di Rabagliati, faceva eco alle parole della canzone. Quando scorse lo sconosciuto si interruppe bruscamente. Era evidente che aspettava la visita di una persona di famiglia.

– Mi scusi, – disse sorridendo, – credevo fosse mia figlia.

Il visitatore rispose al sorriso.

– È un'ottima accoglienza, – ringraziò. – Spero di non averla disturbata.

Era una persona spiritosa.

– Nessun disturbo, – disse, – tanto, a quel punto, le note diventano alte e non ce la faccio a stargli dietro. Chi cerca? – domandò poi.

La domanda venne rivolta in tono gentile e il visitatore notò che il viso della donna era bello, illuminato dallo sguardo ridente degli occhi castani. Non vi era dubbio che fosse la madre di Piera. La somiglianza con la figlia le rendeva quasi identiche.

– Mi chiamo Andrea Martini, – dichiarò lo sconosciuto, chinando la testa in un breve cenno di omaggio.

Il nome parve colpirla e lui immaginò che Piera le avesse detto che faceva parte dei partecipanti alla serata di gala organizzata dal Cigno.

Infatti, la domanda che seguì confermò l'ipotesi.

– Desidera vedere Piera? – chiese. – É andata a fare una commissione, ma non tarderà. Piera è mia figlia, – aggiunse, – e mi ha detto che lei...

Si interruppe per scostarsi dall'uscio e far entrare in casa il visitatore. Percorse qualche passo nell'anticamera, poi lo indirizzò verso un salotto. Uno spazio ricavato accanto a una finestra fungeva da zona di lavoro.

La stanza era arredata in modo semplice con un divano, due poltroncine, un tavolo rotondo, una credenza, un paio di scaffali occupati da alcuni libri e piccoli soprammobili. I colori dei muri e dei tessuti erano chiari. Il pavimento, nudo, palchettato con larghe assi scure.

Davanti alla finestra c'era un tavolo con una serie di oggetti sparsi sul piano, dei quali il commissario non comprese l'uso: un fornelletto a spirito, un cuscinetto imbottito, una serie di pinzette e delle strane sfere di metallo di varie dimensioni, saldate con un gambo a un manico di legno.

– Scusi il disordine, – disse la padrona di casa, – ma io lavoro in questa stanza perché c'è più luce che dalle altre parti.



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